"Binge Eating Disorder" e obesità
Il soggetto “Binge” si differenzia dal bulimico per il fatto che le sue “orge” (binge in inglese) non prevedono mai pratiche compensative o neutralizzanti. La persona si lascia andare alle sue crisi di alimentazione incontrollata, rapida, solitaria, senza apparentemente curarsi degli effetti devastanti sul peso, sugli stati d’animo, sulla vita di relazione - quindi sulla sua complessiva salute.
Gli episodi si susseguono, non sono controllabili: le calorie si accumulano e il torpore che segue alle ingestioni forzate induce ad una perdita di contatto con il mondo, la famiglia, il proprio Io. L’indice di massa corporea aumenta, insieme con la vergogna, la disistima, il disprezzo di sé.
Il circolo è vizioso, coinvolge aspirazioni ed affetti, amplifica il disagio attraverso una deformazione del corpo sempre più vistosa, che conduce all’isolamento.
Lo psicoterapeuta potrà intervenire, sia pure con difficoltà? Quante e quali sono le speranze di successo? E’ da ricordare che il Binge Eating Disorder si accompagna talvolta a forme collaterali di tipo depressivo o compulsivo, per ciascuna delle quali sarà necessario trovare una corretta soluzione.
Come agire, quindi?
Se le cause del “Binge” sono da ricercarsi nella storia evolutiva del soggetto (come ritengono gli studi di settore), il terapeuta dovrà tener conto del rapporto stabilito dal paziente, a suo tempo, con le figure parentali e i responsabili della sua educazione; se possibile verrà proposta una terapia familiare che favorisca una migliore definizioni dei ruoli e delle attese di ciascuno, altrimenti si opererà sull’individuo in sinergia con il suo ambiente e i suoi riferimenti socio-culturali. Sarà opportuno, qualche volta indispensabile, il supporto medico-farmacologico.